Per rivendicare il diritto al lavoro, bisogna stare uniti
Arci Scuotivento, MonzaMonza. Ci sono incontri che ti cambiano la vita quando meno te l’aspetti. A Daniel Romila è andata un po’ così. Prima nelle strade di Bucarest, in Romania, negli anni Novanta, poi a Mostar, in Bosnia, alla fine della guerra del 1992-1995 e infine a Monza, la sua seconda casa. In tutti i casi, il filo conduttore di questi incontri è stata l’arte, la vicinanza e la solidarietà. “Portavamo il circo in guerra, da Sarajevo a Mostar, accompagnati dalle Nazioni Unite. Un giorno siamo entrati in un orfanotrofio. C’era un ragazzo scioccato, immobile con lo sguardo perso nel vuoto”, ricorda Daniel, come se quel giovane fosse ancora lì davanti ai suoi occhi densi di vita. “La sera incontriamo lo stesso ragazzino con una bottiglia di vodka di un litro. Lui ci guarda e ci dice ‘i miei genitori sono saltati su una mina. Perché dovrei ridere alla vostra arte?’. In quel momento ho cambiato il mio atteggiamento come artista. Ho capito che le persone hanno bisogno di umanità, di parlare con le persone. Da quel giorno, mi presento come Daniel, poi come artista”.
Lo si ascolterebbe parlare per ore. Sarà per il suo piglio di artista, per il suo fare allegro ed estroso o forse per tutte le vite che ha vissuto. Nato 42 anni fa a Costanza, Daniel, fin da giovanissimo, conosce la strada. Quella di Bucarest e dei meno trenta gradi. Della colla sniffata e dei primi furti. “Non per guadagnare”, tiene a ribadire, ma “per mangiare un po’ di pane”. Ed è l’incontro con l’arte circense e con la Fondazione Parada che lo fa uscire dalle viscere di Bucarest e lo lancia su un palcoscenico. “Per me l’arte è cibo”, dice sussurrando, quasi a voler rendere più preziose quelle parole, “quando ho iniziato a lavorare con il circo, potevo comprarmi da mangiare e quindi non avevo più bisogno di rubare”, racconta con una punta d’orgoglio. “Ho vissuto la caduta del regime comunista di Nicolae Ceaușescu e la transizione democratica, anche se – ammette – non so dire quanto siano cambiate le cose. Sicuramente sono cambiato io”.